Il Barboncino porta a spasso il Nonno – di Leila Meroni – Rivista Animali no. 95

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No. 95 luglio – agosto 2018

Il Barboncino porta a spasso il Nonno
 
Riunione di lavoro, ogni mattina alla stessa ora. Colleghi attorno al grande tavolo, nella saletta angusta che ha però un pregio: quella grande finestra, che ci ricorda come fuori il mondo vada avanti anche senza il nostro contributo. Una specie di schermo cinematografico, attraversato dai passanti che percorrono in su e in giù la stradina. Quando mancano pochi minuti alle 10, li aspetto. E puntuali, eccoli. La loro entrata in scena avviene sempre da sinistra, ogni giorno seguendo lo stesso copione: prima quel musetto con la lingua a penzoloni che punta sicuro dritto davanti a sé, seguito da quattro eleganti zampe dai piedi piccini; poi compare il guinzaglio blu, sempre teso perché evidentemente il cane ha una certa inspiegabile urgenza; infine ecco il padrone, sull’ottantina, andatura dondolante come quelle barchette che vengono sorprese in mezzo al lago da una leggera brezza che increspa l’acqua. Succede tutto nel giro di qualche secondo, poi anziano signore e barboncino spariscono dal mio campo visivo. Non conosco i loro nomi, non conosco la loro storia, ma so che se una mattina mancassero l’appuntamento mi preoccuperei.
Mi piacciono, l’anziano e il suo cane, perché sono diversi da tutti gli altri: non hanno fretta. Non devono badare all’orologio, non sono schiavi del cellulare, non hanno bisogno di parlare fra di loro: sono perfettamente a loro agio, e trasmettono serenità.
La tranquillità che unisce anziano e animale, che li mette in comunicazione, è ancora più evidente se ci si trova in una struttura riservata alla terza e quarta età: l’arrivo in stanza di un gattino o le galline che starnazzano giù in giardino, tutto ciò che ha a che fare con gli animali fa scattare nell’ospite una specie di magia. Glielo leggi negli occhi.
Non so cosa succeda esattamente a livello medico (studi e ricerche in materia sembrano comunque confermarlo); quel che so per certo, dato che vale per tutte le fasi della vita, è che prendersi cura anche solo per qualche minuto di un micio,  di un cagnolino, di una tartaruga, di un pappagallo fa scattare energie fresche: il piacere di lasciarsi distrarre dalle marachelle del peloso o dalle acrobazie del pennuto, di sentirsi responsabili nei suoi confronti e utili nel garantirgli coccole, cibo e attenzioni, di sentirsi Nonno Barboncinoimportanti in quel momento per qualcuno. Sono attimi privilegiati che per una persona anziana (o più in generale per coloro che sono un po’ più fragili) moltiplicano a dismisura la loro forza.
Un recente sondaggio della Protezione Svizzera degli Animali condotto in oltre 400 case per anziani ha rilevato come siano sempre più numerosi gli istituti aperti all’animale domestico ma soprattutto che permettono ai loro ospiti di tenere con sé i propri compagni, evitando così di dover far vivere loro il trauma della separazione. Gioia, divertimento, comunicazione e serenità sono gli effetti positivi della presenza dei simpatici intrusi. (Chiaro, ci sono anche degli aspetti negativi – maggior carico di lavoro per il personale, cura dell’igiene, diffidenze e paure – che non devono essere sottovalutati. Ma ci permettiamo di ricordarli fra parentesi). La stessa Protezione Svizzera degli Animali ha elaborato un servizio ad hoc denominato “Grizzly”, a disposizione per ogni informazione e consulenza sul tema. Buono a sapersi.
È molto importante inoltre che l’animale sia trattato sempre come un buon amico e un compagno, non come una medicina da tenere nel cassetto o un bastone da passeggio appoggiato al muro.
E infine. Un animale può dare gioia, certo, eppure non riuscirà mai a prendere il posto di chi – coniugi, figli, nipoti, amici di un tempo – non c’è, o non c’è più.
Non dimentichiamolo.

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